Un partner che russa, il dolore fisico, lo stress emotivo, il jet lag. Le cause dell’insonnia possono essere diverse, ma tutte portano allo stesso risultato, cioè la mancanza di sonno e, quindi, il disagio psico-fisico. In genere, però, il fenomeno si presenta per breve tempo, l’esaurimento poi prende il sopravvento e finalmente, esausti, si riesce a dormire.
Questo però non avviene sempre, soprattutto in caso di condizioni patologiche (disturbi respiratori, gastrointestinali, ecc.) che tendono a mantenere l’insonnia. In altri casi, semplicemente una persona potrebbe non soffrire della condizione ma ritrovarsi comunque ad avere notti dal sonno ridotto o disturbato.
Quando l’insonnia comincia a manifestarsi come conseguenza di determinate condizioni, può instaurare a sua volta nuove cause che la mantengono.
Per esempio, passare ore e ore sdraiati sul letto, svegli, scombussola le routine a cui il cervello è abituato: il letto non viene più riconosciuto come il posto in cui ci si dorme, ma come il posto in cui si rimane svegli. Per cui è come se il cervello dicesse al nostro corpo (e alla psiche): “Bene, mi pare di capire che qui non si deve dormire. Cosa facciamo, allora? Io sono attivo!”.
Sperimentare continuamente questa frustrazione comporta un’attivazione ormonale che peggiora l’addormentamento: il corpo secerne cortisolo e corticotropina, aumentando così pressione e frequenza cardiaca, proprio come se si trovasse in una situazione di stress, ad affrontare una minaccia, un pericolo.
Questa condizione può quindi portare a un peggioramento di pregresse difficoltà quali ansia e depressione: tutto questo lavorio, sia mentale che metabolico, è usurante e se si riesce a strappare qualche ora di sonno, molto probabilmente ne sarà compromessa la qualità.
Il giorno dopo, quindi, ci si sentirà più stanchi di prima.
Si può ricorrere a diverse strategie per migliorare la qualità del riposo notturno. Per esempio, usare il letto esclusivamente per dormire e per l’attività sessuale, evitare invece di guardare la TV, cenare, giocare ai videogame a letto, così da riprogrammare il cervello (come per comunicargli: “Questo posto serve solo a queste due attività, quindi reagisci di conseguenza”). Tenere la stanza al buio (così da favorire la secrezione di melatonina, indispensabile per un buon sonno), al fresco (la temperatura ideale per dormire è di circa 18°C).
Se si rimane completamente svegli a letto, meglio alzarsi e dedicarsi a un’altra attività rilassante, in un’altra stanza, come leggere o meditare.
In ogni caso, è opportuno consultare un professionista.
Il ricorso a farmaci per dormire, esclusivamente sotto consulto del proprio medico di famiglia, può aiutare a recuperare un po’ delle energie sottratte da una lunga insonnia, ma solo a breve termine: i farmaci, infatti, non possono garantire una buona qualità del sonno, la quale può essere raggiunta identificando e agendo sulle cause che lo compromettono (da condizioni patologiche o genetiche rare, a stress emotivo, ansia, depressione, fino a semplici abitudini o comportamenti correggibili, come smettere di prendere il caffè di sera o non andare in palestra a fine giornata).
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Video di TED: https://youtu.be/j5Sl8LyI7k8
(Le immagini nel sono state prese dal video originale)
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