Perché alcune persone sono schiave delle marche?

Ci sono diversi motivi che spingono le persone a spendere, anche più del dovuto, per un prodotto o un servizio. Lo sanno bene le aziende che costruiscono campagne pubblicitarie ad hoc per solleticare quelle corde di cui non siamo consapevoli.
Per esempio, l’uomo della Marlboro ha rappresentato, per gli americani, il modello di cowboy virile che qualsiasi uomo avrebbe voluto essere, da cui il messaggio implicito: i veri uomini fumano Marlboro (quindi se non fumi Marlboro, non sei un vero uomo).
L'uomo della Marlboro, un'icona della pubblicità del brand in America, dal 1954 al 1999. In Italia, dal 1962 è vietata la propaganda pubblicitaria dei prodotti da fumo.

Questo aspetto è stato studiato e messo alla prova negli anni ‘80 e prende il nome di “automonitoraggio” (self-monitoring)¹. Le persone possono avere un automonitoraggio tendenzialmente alto o basso: nel primo caso, tendono a cambiare il proprio comportamento rispetto alle situazioni sociali, e sono attenti al tipo di immagine a loro associata. Chi ha invece un basso automonitoraggio rimane fedele ai propri valori e non cambia facilmente rispetto alla situazione in cui si trova.

Per verificare tale ipotesi, è stato condotto un esperimento²: a due gruppi di persone, divise per alto e basso automonitoraggio, sono state presentate delle pubblicità in due versioni. In una versione si dava più importanza all’immagine (lo status) rappresentata dal prodotto, per esempio un whiskey: “Non stai solo traslocando, stai anche salendo nella scala sociale”. Nella seconda versione, si dava invece importanza alla qualità del prodotto: “Quando si tratta di buon gusto, tutti traggono la stessa conclusione”.


Il whiskey con lo slogan diretto all'immagine

Dai risultati è emerso che gli individui con alto automonitoraggio, attenti quindi all’immagine di sé, erano disposti a pagare di più il whiskey quando veniva presentato con lo slogan focalizzato sullo status sociale, e al contrario, individui con basso automonitoraggio preferivano pagare di più con una pubblicità che esaltasse la qualità del prodotto.

Fonti:
¹ Snyder, M. (1979). Self-monitoring processes. In Advances in experimental social psychology (Vol. 12, pp. 85-128). Academic Press.
² Snyder, M., & DeBono, K. G. (1985). Appeals to image and claims about quality: Understanding the psychology of advertising. Journal of personality and Social Psychology, 49(3), 586. [link all'articolo completo]

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